23 Febbraio 2021, 18:05

Il reshoring e il southworking (letteralmente lavorare al Sud) sono due fenomeni socio-economici di cui si è tanto sentito parlare negli ultimi mesi. Vediamo meglio di cosa si tratta e quali saranno le implicazioni di questi trend sul mercato immobiliare.

Cos’è il reshoring?

Il reshoring è esattamente l’opposto dell’off-shoring, ovvero la delocalizzazione all’estero di aziende o rami aziendali per motivi di risparmio. Indica quindi un percorso in senso opposto: un rimpatrio delle attività.

Perché il reshoring è un fenomeno di attualità in questo periodo?

Il Covid-19 ha creato problemi di fornitura a numerose aziende che hanno stabilimenti in Paesi lontani da quello d’origine. E – secondo una ricerca di Euler Hermes, una società del gruppo Allianz, che ha intervistato alti dirigenti di 1.181 società degli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia, operanti in sei settori diversi – un’azienda su tre, come soluzione, pensa al nearshoring o al reshoring, ovvero a riavvicinare a casa la produzione.

Partiamo dalle origini del problema: la delocalizzazione di aziende, rami aziendali o impianti produttivi è una scelta legata a ragioni economiche e di efficientamento dei costi. Oggi, però, oltre alle motivazioni di vicinanza imposte dal Covid-19 è anche la tecnologia la chiave che rende sostenibile il rientro delle produzioni nei Paesi d’origine.

Si tratta inoltre di scelte strategiche di pianificazione economica a livello europeo, per sottrarre l’Italia e l’Europa alla dipendenza da Cina e India, con la ricollocazione interna della produzione.

Southworking, di cosa si tratta?

Il termine Southworking, coniato a partire dal concetto di smartworking, è nato con la pandemia e consiste nello svolgere il lavoro agile dal Sud Italia. Sono tanti i lavoratori del Meridione e delle Isole che si spostano nel Nord Italia per lavorare. Durante la pandemia, il fatto che molte aziende abbiamo adottato lo smartworking, ha dato loro l’opportunità di fare rientro nelle città d’origine.

Secondo i dati presentati a novembre 2020 da Svimez – Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, che ha raccolto le informazioni da centocinquanta grandi imprese, dall’inizio dell’emergenza sanitaria in primavera sono 45 mila i lavoratori di aziende del Centro-Nord in smart working dal Sud.

A proposito di Southworking leggi anche Smart working vista mare e uffici diffusi: le iniziative di Otranto ed altri comuni

Impatti sul mercato immobiliare

Il reshoring ha sicuramente un impatto economico positivo e rilevante per l’economia italiana, i cui effetti sono moltiplicati dai rapporti di subfornitura e dall’indotto delle aziende che riportano in patria la produzione.

Secondo un’indagine di Eurofound in Italia si contano circa 120 reshoring tra il 2014 e il 2019 e il numero aumenta regolarmente da cinque anni a questa parte. In Europa il nostro Paese segue la Gran Bretagna in testa alla classifica del contro-esodo.

Le aziende che optano per il rimpatrio sono spinte da elementi attrattivi quali l’accesso a competenze e a un capitale umano di maggior valore, materiali di alta qualità, maggior controllo della produzione, sostenibilità, incentivi da parte del governo, il tutto con un impatto positivo sul mercato immobiliare dei comuni limitrofi agli stabilimenti aziendali.

Quanto al Southworking, le statistiche del portale www.wikicasa.it confermano il trend di ricerca positivo nelle regioni del meridione: nel corso dell’ultimo anno – nonostante la pandemia – il traffico al portale è aumentato, tuttavia, le visite ai listati delle regioni del meridione e delle isole (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) sono cresciute in maniera più che proporzionale rispetto al resto d’Italia (+15%), contro +2% del centro Italia e nord Italia stabile.

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