12 Gennaio 2021, 18:55

Nel 2020, l’anno del Covid, Idealista ha concluso ben 5 acquisizioni di aziende.

Di recente l’azienda spagnola ha fatto sapere tramite un comunicato di aver acquisito il 100% del portale Casa.it.

Il 30 dicembre, poco prima della chiusura dell’anno fiscale, ha inoltre completato l’acquisizione di Rentger.com, azienda spagnola che produce un software per la gestione degli affitti.

Lo strumento – molto apprezzato in Spagna – consente di automatizzare le attività amministrative delle locazioni, riducendo i tempi di gestione della proprietà fino all’80%. Offre inoltre la possibilità di configurare funzioni che consentono incassi automatici, generazione e invio di fatture, invio di avvisi e notizie, oltre a tenere traccia di incassi, contabilità e contratti.

Questi due ultimi merger – acquisti di aziende o rami aziendali in gergo finanziario – si aggiungono ai precedenti, tutti conclusi nell’arco del 2020: i gestionali immobiliari Miogest e Gestim e YaEncontré, portale immobiliare catalano precedentemente di proprietà del Gruppo Godò, gruppo editoriale catalano con sede a Barcellona.

Prosegue, dunque, il trend di concentrazione, internazionalizzazione ed integrazione lungo la filiera di piattaforme tecnologiche e marketplace immobiliari: portali che integrano gestionali e sistemi di valutazione, iBuyer che integrano sistemi di virtual tour, agenzie immobiliari online… tutto è in costante evoluzione al fine di offrire una più ampia gamma di servizi al consumatore finale, diversificare i ricavi e il rischio, fare cross-selling, fidelizzare.

Contemporaneamente, nell’anno del Covid come dicevamo prima, aumenta la dipendenza dei professionisti dell’immobiliare dai servizi online. Il rapporto con la tecnologia, nell’anno del distanziamento sociale, è sempre più stretto ed abilitante per lo svolgimento della professione.

Nel frattempo l’Italia rimane uno dei pochi Paesi tecnologicamente avanzati a non avere un portale controllato da agenti immobiliari nella top 3 dei player nazionali.

Del resto il fenomeno della dipendenza dalle tecnologie è trasversale rispetto ai settori e alla quotidianità dei privati cittadini.

Negli ultimi mesi sono avvenuti due casi emblematici a dimostrarlo: il down di Google di qualche settimana fa che ha coinvolto GMail YouTube e Classroom e ci ha lasciati sguarniti e in blackout per un’ora e il boicottaggio di Trump dai principali social network.

Come spiegato da Luigi Martino, docente di Cyber security e Relazioni internazionali all’Università di Firenze “quando si parla di internet ci sono alcune aziende che sono allo stesso livello degli Stati o di entità sovranazionali come l’Unione europea. E’ un rapporto tra pari, a voler essere generosi nei confronti degli Stati”.

Qualche dato a supporto di questa tesi?

Ecco cosa scrive Mauro Del Corno su ‘Il Fatto Quotidiano: “Il 95% degli under trenta che usano internet (cioè tutti) ha un profilo Facebook o Instagram (che è sempre di Facebook). Amazon controlla la metà delle vendite on line degli Stati Uniti. Il 90% delle ricerche su internet avviene attraverso Google. La stessa Google, insieme a Facebook, controlla oltre il 90% della pubblicità on line.”

Cosa ne pensate?

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