Si tratterà di abitazioni geneticamente predisposte per l’house sharing.
Airbnb ha recentemente annunciato un aumento di liquidità per 200 milioni di dollari che consentirà all’azienda di San Francisco di costruire nuovi appartamenti con marchio Airbnb – edifici progettati da zero per la condivisione domestica – in varie città degli Stati Uniti.
È già in costruzione a Kissimmee, in Florida, un edificio di 324 unità, e Airbnb prevede di aprirne almeno altri tre entro la fine del 2018, tra la California e l’area sud-orientale degli Stati Uniti.
Per Chris Lehane, responsabile a livello mondiale della politica e degli affari pubblici di Airbnb, l’azienda sta “riforgiando il futuro dell’abitare”.
Gli inquilini che si trasferiranno nei nuovi appartamenti avranno il permesso di affittare le loro case su Airbnb per un massimo di 180 giorni all’anno, a condizione che diano al loro proprietario – l’azienda stessa – una parte delle entrate realizzate. Gli appartamenti saranno inoltre progettati per rendere la vita facile sia per gli inquilini che occupano la casa che per gli ospiti che la affittano su Airbnb, con funzionalità quali l’accesso senza chiave, spazi comuni condivisi e una sorta di “padrone di casa” in ogni proprietà che può aiutare con il controllo degli ospiti e le pulizie. Airbnb sta già realizzando una nuova app integrata che gli inquilini potranno utilizzare per gestire i loro affitti.
L’idea è quella di consentire agli inquilini di guadagnare denaro extra, aiutandoli a pagare l’affitto. Molti millennial faticano a pagare l’affitto sia nella Bay Area della California che altrove negli Stati Uniti, dove il 46 percento dei millennial che hanno preso casa in affitto è gravato da un costo non indifferente, in quanto spende più del 30 percento del proprio reddito in costi di locazione.
Fino ad oggi gli affittuari che scelgono di avvalersi degli affitti brevi di Airbnb per sbarcare il lunario lo fanno alle spalle dei padroni di casa, perché il 99,99% dei contratti di locazione – in America e nella maggior parte dei casi anche altrove – non consente l’opzione del subaffitto.
Ciò ha contribuito a creare una cultura dell’affitto selvaggio, senza regole, in cui la responsabilità sono poco chiare e le questioni di sicurezza dilagano.
La comunità di San Francisco cerca di arginare il problema impedendo agli inquilini di listare le case su Airbnb senza l’approvazione del proprietario di casa. Gli host di Airbnb devono registrarsi inserendo i propri dati e quelli della casa e, quando lo fanno, Airbnb invia al proprietario una nota di cortesia che li informa che il loro inquilino ha richiesto un permesso di noleggio a breve termine. Ma è l’unica città negli Stati Uniti ad avere un sistema di questo tipo.
In questo senso, i nuovi appartamenti a marchio Airbnb si pongono, nelle intenzioni degli ideatori del progetto, come parte di una soluzione più ampia al problema.
Non è chiaro se gli investimenti edilizi di Airbnb saranno effettuati anche all’estero, ma è probabile che quello americano sia solo il banco di prova di un progetto futuro più ampio. Chissà che non ci saranno presto anche appartamenti in vendita a Milano, firmati Airbnb…
Articoli suggeriti: “Tassa Airbnb” sulle locazioni brevi: accanimento contro gli agenti immobiliari?
Web enthusiast, appassionata di viaggi, libri e scrittura. Siciliana d’origine, milanese d’adozione, dopo una laurea in Management presso l’Università Bocconi di Milano, entra a contatto col mondo delle startup e del Prop-tech. Oggi lavora come Consulente di Marketing.