22 Marzo 2023, 17:05

L’Italia ha un’importante tradizione di edilizia storica, ricca di tecniche costruttive e modelli statici di grande interesse, e tecnologie di benessere climatico oggi riprese dalla bioarchitettura e dall’architettura organica. Esaminiamo le prodigiose caratteristiche delle abitazioni tipiche italiane.

I Dammusi siciliani: capolavori di ingegneria idraulica e benessere termico

I dammusi sono delle costruzioni tipiche dell’isola di Pantelleria, presenti anche a Lampedusa, che rappresentano un sodalizio tra la tecnica costruttiva araba e la tradizione locale. A Pantelleria sono presenti circa 7.000 dammusi.
Il dammuso utilizza materiali locali, tra cui la pietra lavica; tiene conto della condizione climatica del luogo, e questo lo rende un ottimo esempio di edilizia biocompatibile ed ecosostenibile.

In siciliano, dammusu significa “volta” o “intradosso”. I dammusi hanno una base cubica con muri spessi ad alto isolamento termico (sia invernale che estivo) sormontata da una cupola, atta a convogliare l’acqua piovana in una cisterna, una fossa murata coperta da una pseudo-volta, e, in estate, ad esporre cibi destinati al processo di essiccazione. Questa progettazione rappresenta un prezioso esempio di ingegneria idraulica.
I dammusi più antichi sono stati costruiti con il taiu, parola dialettale che indica un impasto di terra ed acqua. Quelli più moderni, invece, che risalgono ad un periodo in cui l’isola era maggiormente connessa alla Sicilia e hanno migliori prestazioni tecnologiche, sono in calce .

Il dammuso era composto da tre stanze: camera, camerino (dove dormivano i figli) e alcova.
Vi sono vari tipi di dammuso: quello utilizzato come spazio di riposo per le pause del contadino (sardune), quello usato come abitazione temporanea (loku o “dammuso di campagna”) durante la raccolta dei capperi (prodotto locale molto noto) o altre colture, e infine quello destinato all’utilizzo residenziale, con finiture più eleganti e circondato da un giardino circolare delimitato da mura a secco (jardinu o giardino pantesco) atte a proteggere gli alberi di agrumi dal forte vento presente sull’isola.
Recentemente, alcuni architetti hanno recuperato molti dammusi, trasformandoli in eleganti e pregiate strutture ricettive.

I Masi del Trentino Alto Adige: microcosmi autosufficienti

I masi sono costruzioni rurali diffuse nelle valli del Trentino. Si tratta di un complesso di edifici e di terreni che in passato apparteneva ad un’unica famiglia abbiente, la quale la affittava ai contadini. Ogni maso era un’azienda agricola o una fattoria che riusciva ad essere un microcosmo autosufficiente. In passato, il maso veniva chiamato “Villicus”, il nome romano dei lavori agricoli che si tengono in una villa. Questo edificio rappresenta un connubio tra una tipica villa latina e una costruzione germanica.

Quella del “maso chiuso” è la tradizione, abolita dal fascismo e ripristinata nel Dopoguerra, di lasciare in eredità il maso ad un’unica persona, dando l’equivalente in denaro agli altri eredi. In questo modo si evita di frazionare la proprietà. Questa tradizione coinvolge 13.000 dei 20.000 masi presenti in Trentino Alto Adige.
Il materiale prevalente dei masi è il legno, spesso di larice, come da tradizione costruttiva tedesca, anche se nelle zone dove era meno reperibile prevale una parte in pietra.

Ogni maso era composto da un edificio agricolo, un edificio padronale, la proprietà fondiaria e alcune proprietà comuni con altri masi, come boschi, pascoli e a volte caseifici.
L’edificio agricolo comprende una stanza per la cottura dei cibi, una stalla, un fienile, un eventuale caseificio e una rimessa. A volte, la stalla e il fienile sono in un altro ambiente rispetto all’abitazione, solitamente composta da un edificio a due piani: il piano terra, in pietra intonacata, contenente il soggiorno rivestito in legno (stube), con una caratteristica stufa di ceramica attorno alla quale si ritrovava la famiglia, e il primo piano, in legno, con balconi e tetto spiovente, comprendente la zona notte.
Oggi, molti masi sono diventati suggestivi agriturismi.

I Trulli di Alberobello e la loro falsa cupola autoportante

I trulli, costruzione tipica della Puglia e in particolare di Alberobello, paese vicino a Bari, sono Patrimonio dell’Umanità per l’Unesco. Essi sono la risposta architettonica alla struttura geologica del territorio e alla vita contadina locale, e la conseguenza delle condizioni sociali, economiche e geopolitiche della zona.
Il trullo è una costruzione circolare, generalmente di un solo piano, con mura perimetrali, imbiancate con latte di calce dentro e fuori e fatte di pietra a secco. Le pietre utilizzate provengono dall’altopiano delle Murge.

La copertura conica caratteristica dei trulli, autoportante, è costituita da lastre chiamate chianche e ricoperta da tegole chiamate chiancarelle che proteggono il trullo dalle acque piovane. A livello statico, si tratta di una falsa cupola, che non sviluppa forze diagonali, ma solo forze verticali legate alla gravità.
Nonostante la costruzione effettuata a secco, sono efficaci dal punto di vista statico. Ogni trullo comprende un solo ambiente, e le costruzioni con più ambienti sono quindi costituite da più trulli accostati. Questa modularità li rende degli antenati dell’architettura razionalista novecentesca.

Gli interni del trullo hanno delle nicchie, utilizzate come armadi o per i letti dei figli. In passato a dividere le stanze erano delle tende. Sul soppalco erano presenti delle travi senza funzione strutturale ma per appendere i cibi e al centro del trullo c’era la cucina.
Le pareti perimetrali sono molto spesse, per garantire isolamento termico sia in estate che in inverno, e hanno pochissime aperture: la porta e alcune piccole finestre, tra cui quella del bagno, inserita per ragioni igieniche, a cui si aggiunge una piccola apertura in alto. Alla sommità della copertura c’è un pinnacolo con un simbolo scaramantico e propiziatorio, diverso per ogni trullo.

I Sassi di Matera: ambienti ipogei suggestivi e ancestrali

I Sassi di Matera sono un vero e proprio alveare scavato nella roccia. Nel Novecento hanno avuto una storia travagliata. Nel 1945 esce il libro di Carlo Levi chiamato “Cristo si è fermato a Eboli”, che denuncia le condizioni abitative poco igieniche e poco dignitose, spingendo De Gasperi a definire i Sassi la “vergogna d’Italia” e a richiederen lo sfollamento. Tuttavia, una potente opera di riqualificazione, nei decenni dopo,  rende i Sassi di Materia Patrimonio dell’Unesco nel 1993.

Lo stile di vita dei residenti della zona di Matera è stato caratterizzato dagli ambienti ipogei, dal Paleolitico fino agli anni Settanta del Novecento. Infatti, novemila anni fa, i Sassi erano grotte naturali utilizzate come riparo. In seguito, a quella parte di abitazione “scavata” nelle montagne, si aggiungono altri corpi di fabbrica in pietra locale: il tufo, o calcarenite.
I Sassi hanno ospitato anche delle bellissime chiese rupestri e dei monasteri. Infatti, presso Matera sorge il suggestivo Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri.

I Sassi, dopo lo sfollamento del 1952 e il trasferimento dei residenti, sono stati riqualificati. Molti oggi ospitano attività ricettive e artigianali. Altri invece sono stati allestiti con arredo e utensili tradizionali, per raccontare la vita contadina di quando i Sassi erano abitati.
I Sassi sono stati location di molti film, tra cui il “Vangelo secondo Matteo” di Pasolini e la “Passione di Cristo” di Mel Gibson.

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